La Storia

“Come vedi i tuoi clienti? Aiutali a liberare il loro genio interiore, e potrai conquistare i loro cuori e le menti. Nessuno si preoccupa per la tua azienda o per il tuo prodotto. Ognuno si cura di se stesso, dei propri sogni, e dei propri obiettivi. Aiutali a realizzare le loro aspirazioni, e li conquisterai.”

(Steve Jobs)

 

Il progetto Energy Rate S.r.l. prende forma nella primavera del 2014, per volontà del suo fondatore, l'Energy Manager Paolo Coppola, al fine di attuare una progettualità lavorativa, che permettesse all'impresa stessa una persistenza nel tempo del proprio core business, in estrema contraddizione con l'andamento socio economico culturale della nazione Italia. Pertanto grazie al background di studi e vita ed alla continua ricerca di informazioni, riguardanti la decabornizzazione, l'impiego e lo sviluppo di energie rinnovabili e la green economy. Entra in contatto con il PEN (Piano Energetico Nazionale) e la sua attuazione SEN (Strategia Energetica Nazionale) del Patto dei Sindaci (Convenant of Mayors). Dopo l’adozione del pacchetto europeo su clima ed energia nel 2008, la Commissione europea ha lanciato il Patto dei Sindaci per avallare e sostenere gli sforzi compiuti dagli enti locali nell’attuazione delle politiche nel campo dell’energia sostenibile. I governi locali, infatti, svolgono un ruolo decisivo nella mitigazione degli effetti conseguenti al cambiamento climatico, soprattutto se si considera che l’80% dei consumi energetici e delle emissioni di CO2 è associato alle attività urbane. Per le singolari caratteristiche ed essendo l’unico strumento di questo genere a mobilizzare gli attori locali e regionali ai fini del perseguimento degli obiettivi europei, il Patto dei Sindaci è considerato dalle stesse istituzioni europee come un eccezionale modello di governance multi-livello.

Prendiamo il caso delle fonti rinnovabili. Alcuni dati spiegano la diversità di percezione che si ha oggi del loro ruolo. Tra il 2009 e il 2014 la potenza di energia elettrica eolica e solare è triplicata arrivando a 540 GW, ma soprattutto il costo del kWh eolico si è ridotto del 58% e quello del fotovoltaico del 78%. Questo trend di riduzione dei prezzi spiega perché lo scorso anno nel mondo si è installata più potenza da rinnovabili che da centrali fossili e nucleari. A dimostrazione di ciò, si è riscontrato un trend positivo di livelli occupazionali in contrapposizione con gli altri settori economici.

Ma l’ottimismo è alimentato anche dalle evoluzioni tecnologiche che stanno avvenendo sul lato dell’efficienza. Nel campo dell’illuminazione, le lampade a Led hanno visto un calo annuo dei prezzi del 15% ed è previsto un ulteriore dimezzamento delle quotazioni entro il 2020.

Ed è proprio la constatazione di queste dinamiche che consente alla IEA (International Energy Agency), solitamente criticata per la sua cautela sulle rinnovabili, di formulare scenari secondo i quali entro la metà del secolo le tecnologie solari potrebbero diventare il principale produttore di elettricità nel mondo e di valutare in 71 trilioni di dollari i benefici di uno scenario climatico spinto. Anche alcuni recenti rapporti della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale rilevano la possibilità di garantire un’efficace riduzione delle emissioni con risvolti positivi per l’economia, grazie anche ai benefici legati agli effetti collaterali degli interventi, in particolare sulla salute. Del resto, l’ultimo rapporto dell’Ipcc indica un impatto molto modesto delle politiche radicali necessarie per evitare di superare i 2 °C di temperatura. L’incidenza media annua entro la fine del secolo sarebbe pari a un calo solo dello 0,06% del Pil.

E proprio sulla base delle evoluzioni tecnologiche in atto e dei risultati di questi studi, il premio Nobel Paul Krugman ha recentemente scritto: «L’idea che lo sviluppo economico e le strategie per il clima siano incompatibili può sembrare ragionevole, ma in realtà è più il pregiudizio di una mente confusa. Se riusciremo a superare gli interessi di parte e le ideologie che hanno bloccato finora le azioni per salvare il Pianeta, scopriremo che questo risultato è molto meno costoso e più facile di quanto normalmente si pensi».

L’altro elemento da sottolineare e che emerge sempre più spesso nei rapporti sul clima è la necessità di intervenire rapidamente per limitare i consumi di carbone. L’incitamento a «ridurre gli investimenti nel carbone» del Segretario dell’Onu è una frase che riecheggia gli slogan della campagna “Divest fossil” per spostare gli investimenti dai fossili alle rinnovabili. Ed è, in questo senso, molto interessante la proposta del Governo danese di studiare l’eliminazione entro il 2025 delle centrali a carbone, che forniscono al Paese il 38% dell’elettricità. Una scelta coerente con la strategia che punta a uscire totalmente dai combustibili fossili entro 35 anni (trasporti e calore inclusi) e con l’obiettivo di soddisfare con la produzione eolica la metà dei consumi elettrici alla fine del decennio. Anche la Germania sta irrigidendo la sua posizione sul carbone con l’imposizione di limiti più rigidi alle emissioni. Proprio come hanno fatto gli Usa con la proposta di Obama di ridurre entro il 2030 del 30% le emissioni di CO2 del settore termoelettrico, in larga parte a carbone, rispetto al 2005.

Ma la notizia più importante per il clima viene dalla Cina. Secondo gli ultimi dati, per la prima volta da un secolo, nel 2014 il consumo di carbone si sarebbe ridotto dell’1%. Se confermati, questi valori rileverebbero l’efficacia di una serie di misure recentemente adottate per far fronte alle terribili condizioni di inquinamento delle città cinesi ed evidenzierebbero l’impatto della rapida crescita delle rinnovabili, con 12-13 GW fotovoltaici installati nel 2014, un’analoga potenza eolica e un forte incremento nell’idroelettrico.

E a proposito della campagna “Divest fossil”, interessanti sviluppi si sono registrati in Australia, paese che produce il 69% della propria elettricità con il carbone e che è il secondo esportatore mondiale di questo combustibile. Dopo il successo ottenuto con l’adesione dell’Australian National University, il 18 ottobre si è tenuto il “National Divestment Day”, giornata in cui centinaia di persone hanno disinvestito i propri risparmi dalle Banche coinvolte nel finanziamento delle miniere di carbone.

Per capire le prospettive che si aprono, è opportuno fare un passo indietro e ricordare le risposte dei diversi Paesi alla crisi del 2008. In quell’occasione, infatti, una quota degli investimenti per il rilancio dell’economia si colorò di verde. Gli Usa qualificarono in tal senso il 12% del loro pacchetto di stimoli, la Germania il 13%, la Cina il 38%, la Corea del Sud l’81%. E l’Italia? Solo l’1%. Peraltro, la situazione attuale richiederebbe uno sforzo maggiore sul versante energetico ambientale rispetto a sei anni fa per una serie di motivi.

Allora molti Paesi avevano avviato importanti programmi di incentivazione delle fonti rinnovabili, che al momento invece è difficile proseguire per gli impatti degli incentivi sulle tariffe. Oggi il tema della sicurezza energetica del continente si è fortemente amplificato in relazione con la delicata situazione in Ucraina, Libia e Iraq. A motivare ancor di più la nostra voglia di cambiamento poi è giunta la notizia dell'intesa sul clima tra Cina e Usa.

Diventa a questo punto molto più probabile il raggiungimento di un accordo alla Conferenza sul clima dell'anno prossimo a Parigi. È prevedibile inoltre un forte incremento degli investimenti su rinnovabili ed efficienza in tutto il mondo. Il solo impegno della Cina implica la realizzazione ogni anno di 60.000 MW (la metà della potenza elettrica totale installata in Italia) senza emissioni di CO2, prevalentemente da fonti rinnovabili. Peraltro è probabile che le emissioni raggiungano un picco in Cina ben prima del 2030 indicato nell'accordo. Lo scorso anno la nuova potenza da rinnovabili ha superato infatti quella delle nuove centrali a carbone e nucleari. Inoltre, secondo i primi dati del 2014, si sarebbe registrata una storica inversione con un calo dell'1% dei consumi di carbone.

 

LO SVILUPPO ENERGETICO SOSTENIBILE AL 2050

Per quanto riguarda l’orizzonte di lungo e lunghissimo periodo (2030 e 2050), le sfide ambientali, di competitività, e di sicurezza richiederanno un cambiamento più radicale del sistema, che in larga parte non coinvolgerà solo il mondo dell’energia, ma l’intero funzionamento della società.

Gli ultimi decenni ci hanno mostrato come sia difficile prevedere l’evoluzione tecnologica e dei mercati, soprattutto su orizzonti di lunghissimo periodo. L’Italia si propone quindi una strategia di lungo periodo flessibile ed efficiente per perseguire la scelta di fondo di decarbonizzazione, prestando attenzione e facendo leva – soprattutto tramite la ricerca e lo sviluppo tecnologico – sui possibili elementi di discontinuità (quali, tra gli altri, una più rapida riduzione dei costi nelle tecnologie rinnovabili e di accumulo, nei biocarburanti, o nella cattura e stoccaggio della CO2). In coerenza con tale strategia, l’Italia deve quindi adottare un approccio neutro da un punto di vista tecnologico, promuovendo in ambito europeo la definizione di un unico obiettivo post-2020 concentrato sulla riduzione complessiva delle emissioni, da declinare per Paese sulla base del punto di partenza oppure neutrale dal punto di vista geografico (superando quindi l’attuale sistema che sovrappone parzialmente obblighi e misure specifiche per diverse tecnologie o settori). In tale ambito sarà da valutare a livello europeo un’evoluzione del sistema ETS(?), o il suo superamento con l’introduzione di una fiscalità ambientale, con la definizione degli obiettivi al 2030. Al contempo, è indispensabile che l’Italia e l’Europa svolgano un ruolo esemplare in grado di stimolare una risposta globale alle problematiche del cambiamento climatico, in quanto unica efficace. Un’analisi dei possibili scenari evolutivi per il Paese – a conoscenze attuali – per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, ci consente di identificare con maggiore precisione le implicazioni comuni che dovranno orientare il settore nelle sue scelte di lungo periodo, e di cui tener conto già nelle scelte attuali.

Tra le principali troviamo la necessità di moltiplicare gli sforzi in efficienza energetica. I consumi primari dovranno ridursi in un range dal 17 al 26% al 2050 rispetto al 2010, disaccoppiando la crescita economica dai consumi energetici. In particolare, saranno fondamentali gli sforzi nell’area dell’edilizia e dei trasporti. La forte penetrazione delle energie rinnovabili, che in qualunque degli scenari ipotizzabili al momento dovrebbero raggiungere livelli di almeno il 60% dei consumi finali lordi al 2050, con livelli ben più elevati nel settore elettrico. Oltre alla necessità di ricerca e sviluppo per l’abbattimento dei costi, sarà fondamentale un ripensamento delle infrastrutture di rete e mercato. Un incremento sostanziale del grado di elettrificazione, che dovrà quasi raddoppiare al 2050, raggiungendo almeno il 38%, in particolare nei settori elettrico e dei trasporti. Il mantenimento di un ruolo chiave del gas per la transizione energetica, nonostante una riduzione del suo peso percentuale e in valore assoluto nell’orizzonte dello scenario. Tale percorso di progressiva decarbonizzazione richiede la ricerca e lo sviluppo di tecnologie d’avanguardia, capaci di realizzare “discontinuità” in grado di mutare gli equilibri delle forze di mercato. È fondamentale che si rilanci uno sforzo coordinato mondiale in tale direzione: in questo senso l’Italia può contribuire investendo di più e con maggiore convinzione, e ancor di più aiutando ad orientare il dibattito e contribuendo alla costruzione di un’agenda internazionale in materia.

Le scelte di fondo che guideranno le decisioni in tema di ricerca e sviluppo nel settore puntano a rilanciare le tematiche di interesse prioritario (tra le quali la ricerca sulle rinnovabili innovative, sulle reti intelligenti e sistemi di accumulo e su materiali e soluzioni di efficienza energetica), rafforzare le risorse a disposizione ad accesso competitivo destinate al partenariato tra università, centri di ricerca e imprese e superare l’attuale segmentazione delle iniziative affidate ai vari Enti e Ministeri.

 

ENERGY REPORT

L’Energy Report dimostra che in quattro decenni potremmo avere delle economie floride e una società interamente alimentata da energia pulita, a basso costo e rinnovabile, nonché una qualità della vita decisamente migliore – riducendo così in modo drastico le preoccupazioni sulla sicurezza dell’energia, l’inquinamento e, non certo da ultimo, per i cambiamenti climatici catastrofici, un futuro fondato sull’efficienza e il risparmio energetico e sulle fonti rinnovabili per arrivare a 0 emissioni di carbonio entro metà del secolo.

Puntare sull’efficienza energetica diminuendo i consumi del 40% al 2050 rispetto al 2010, introducendo un obiettivo vincolante di riduzione in termini assoluti (e non in termini relativi o indicativi come fino ad oggi previsto); dirottare la domanda di energia, soprattutto del comparto industria e trasporti, dalle fonti primarie non rinnovabili (combustibili fossili, nucleare ecc.) sul settore elettrico, incrementando il contributo di quest’ultimo dall’attuale 20% al 43% nel 2050 (il 30% in più rispetto al 2010); raggiungere il 100% di rinnovabili nel settore elettrico che, con una ‘iniezione’ di energia pulita di 8TWh in più ogni anno, ridurrà del 97% le proprie emissioni di CO2 rispetto al 1990.

Sono i tre capisaldi del percorso ‘salva-clima’ che l’Italia dovrà intraprendere - seguendo l’esempio di Germania e Regno Unito - per attenersi alla tabella di marcia con cui l’Unione Europea mira a ridurre le proprie emissioni di gas serra dell’80-95% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990. Tra gli strumenti proposti dal WWF (vedi scheda di approfondimento in coda), una fiscalità taglia-emissioni che regoli, per esempio, l’IMU sulla base della classe energetica della casa, il bollo dell’auto sulle emissioni inquinanti anziché sui kW del veicolo e che sostituisca l’IVA sui prodotti con l’Imposta di Carbonio Emesso (ICE), ovvero la tassa sul loro contenuto di CO2 nelle varie fasi di processo.

E’ quanto indicato dal WWF Italia nel rapporto “Obiettivo 2050, - Per una roadmap energetica al 2050: rinnovabili, efficienza, decarbonizzazione”, realizzato da REF – E, (Economics Engineering Energy Environment).

 

RISULTATI ATTESI, MENO CONSUMI, MOBILITA’ SOSTENIBILE E CASE ‘GREEN’

Lo scenario energetico indicato dal WWF Italia fino al 2050, agganciandosi all’obiettivo ‘20-20-20’ del pacchetto clima ed energia dell’Unione Europea (che stabilisce per gli Stati dell’Eurozona il raggiungimento entro il 2020 del 20% di riduzione dei gas serra, risparmio energetico e rinnovabili), individua nel 2030 una tappa fondamentale, con target specifici, in grado di creare i presupposti per realizzare i risultati del 2050 .

1. Efficienza energetica. La prima ‘corsia’ del triplice percorso proposto dal WWF per l’Italia riguarda l’efficienza energetica e prevede entro il 2050 la riduzione dei consumi energetici del 40% rispetto a quelli del 2010 con due tappe intermedie: - 5% al 2020 e -16% al 2030 (laddove queste percentuali sono da intendersi in termini assoluti e non relativi come prevede l’attuale normativa) con una diminuzione dello 0,5% l’anno fino al 2020 e dell’1,2% nel periodo 2020 – 2030.

2. Incremento della quota elettrica nella domanda di energia. Parallelamente alla progressiva riduzione di consumi del 40%, la seconda corsia del percorso WWF ‘viaggia’ verso un aumento della quota elettrica del bilancio energetico partendo dall’attuale 20% per arrivare, con un incremento annuo dello 0,7%, al 28% nel 2030 e al 43% nel 2050, il 30% in più rispetto al 2010. Trasporti, industria e abitazioni sono settori strategici d’intervento per l’aumento della quota di elettricità. In particolare per i trasporti, che ricoprono ben 1/3 dei consumi energetici, il WWF Italia prevede, contestualmente alle altre forme di mobilità sostenibile, il trasferimento al 2050 del 50% della domanda di energia dai combustibili fossili all’elettrico attraverso l’incremento di auto elettriche, per i privati, e della trazione elettrica nel settore merci, oltre al ricorso ai biocombustibili e ad altre azioni correttive come il decentramento dei servizi, una pianificazione urbanistica più efficiente e politiche per la distribuzione oraria della domanda di punta. Per l’industria e le abitazioni invece la strategia ‘taglia-emissioni’ del WWF indica nel 2050 l’aumento della quota di elettrico della domanda di calore al 35%, per i consumi domestici, e al 50% per quelli industriali.

3. 100% rinnovabili al 2050 nel settore elettrico. La terza strada maestra per la decarbonizzazione indicata dalla roadmap WWF è quella che porta al 100% di energie rinnovabili nel settore elettrico entro il 2050: partendo da una quota del 25% del 2010, pari a circa 77 TWh, si arriva a raggiungere, con un incremento medio di 8 TWh l’anno dal 2020, il 60% nel 2030 (pari a 219 TWh) fino al traguardo nel 2050 del 100%, per un totale di 400 TWh. Un’operazione che comporterebbe investimenti che vanno dai 7 ai 9 miliardi di euro l’anno nel periodo 2020-2050, corrispondenti allo 0,5% del PIL.

Le emissioni di CO2 del settore termoelettrico italiano diminuirebbero così nel 2030 del 50% rispetto a quelle attuali (- 60% rispetto al 1990) per un totale di 55 Mega tonnellate (Mt) e, nel 2050, del 97% rispetto ai livelli del 1990, ridotte cioè a circa 5 Mt legate agli interventi di riserva di centrali a gas. Un toccasana per il clima che potrebbe alimentare la “rivoluzione green” da parte di cittadini e imprese: l’autoproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, che con questi interventi raggiungerebbe i 68 TWh nel 2030, raddoppiando nel 2050 con 134TWh.

Inoltre tra i risultati attesi e perseguibili, troviamo l'incremento di consapevolezza da parte della società, nell'uso razionale dell'energia ed il rispetto del Pianeta Terra. Proponiamo pertanto di intavolare una “azione integrata e di sistema” che collega gli strumenti educativi e partecipativi con le politiche e programmi energetici e ambientali.

 

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